Inapplicabilità dell'art. 2467 c.c. una volta superate le difficoltà patrimoniali/finanziarie dell'impresa

9 Febbraio 2023

Con sentenza n. 21422 del 6 luglio 2022, la Corte di Cassazione, Sezione Prima, in materia di finanziamento erogato dai soci di S.r.l. in favore della società stessa, ha stabilito che il diritto al rimborso del finanziamento sorge postergato, ex art. 2467 c.c., qualora concesso in una situazione di difficoltà finanziaria o di squilibrio patrimoniale della società; tuttavia, a seguito del superamento delle difficoltà patrimoniali e finanziarie della società, il credito del socio diviene ordinariamente esigibile, venendo meno le condizioni di cui all’art. 2467 c.c.

La vicenda

La vicenda trae origine dalla pronuncia del Tribunale di Roma, confermata dalla Corte d’appello di Roma, relativa alla revoca del decreto ingiuntivo concesso al socio di S.r.l., avente ad oggetto la condanna della società alla restituzione della somma ricevuta a titolo di finanziamento dal socio stesso.

In particolare, la Corte territoriale ha revocato il decreto ingiuntivo, sostenendo l’applicabilità dell’art. 2467 c.c., in quanto i finanziamenti furono erogati dal socio quando la società era in condizioni di eccessivo squilibrio e indebitamento.

Il socio ricorrente ha proposto ricorso innanzi alla Corte di Cassazione deducendo:

(i) la perdita dello status di socio, non avendo il socio stesso esercitato il relativo diritto di opzione in seguito ad abbattimento e ricostituzione del capitale, con conseguente venir meno dell’applicabilità dell’istituto della postergazione, ex art. 2467 c.c.;
(ii) la violazione e falsa applicazione dell’art. 2467 c.c., per non avere la Corte del merito accertato l’esistenza dei presupposti della postergazione non solo al momento della erogazione del prestito, ma anche al momento della domanda di restituzione delle somme;
(iii) l’omesso esame di fatto decisivo in quanto la corte territoriale non ha esaminato la circostanza relativa alla delibera di abbattimento e ricostituzione del capitale, con conseguente eliminazione totale delle perdite.

La decisione della Corte di Cassazione

La Suprema Corte ha ritenuto infondato il primo motivo di ricorso. In particolare, la Corte ha ritenuto irrilevante la perdita dello status di socio, confermando l’orientamento prevalente in dottrina e giurisprudenza.

Secondo l’interpretazione data dal Giudice di legittimità, “l’avvenuto scioglimento del rapporto sociale relativamente al socio finanziatore non comporta il venir meno dell’applicabilità dell’istituto della postergazione ex art. 2467 c.c.”. Ciò deriva dalla ratio della disposizione, consistente nell’intento di contrastare la non infrequente sottocapitalizzazione delle società quale tecnica di traslazione sui creditori e sui terzi del rischio di continuazione dell’attività in regime di crisi. Non mutando con tale situazione sopravvenuta l’esigenza di tutela dei creditori, il carattere di credito postergato non viene meno con l’uscita del socio finanziatore dalla compagine sociale.

Diversamente, la Suprema Corte ha ritenuto fondati gli altri due motivi del ricorso.

Relativamente al secondo motivo del ricorso, confermando un recente orientamento[1] della Corte stessa, il Giudice di legittimità ha statuito che “il credito del socio, in presenza di un finanziamento concesso nelle condizioni di eccessivo squilibrio dell’indebitamento rispetto al patrimonio netto o laddove sarebbe stato ragionevole un conferimento, subisce una postergazione legale, la quale non opera una riqualificazione del prestito da finanziamento a conferimento con esclusione del diritto al rimborso, ma incide sull’ordine di soddisfazione dei crediti”.

Tale ricostruzione circa la natura del finanziamento de quo appare di fondamentale importanza nell’iter motivazionale seguito dalla Corte. Qualificare il finanziamento come mero prestito fa sì che non si possa applicare la disciplina relativa agli apporti di capitale, con l’immediata conseguenza che il venir meno delle condizioni di cui all’art. 2467 c.c. rendono il credito “ordinariamente esigibile”. Ed invero, “quando sia stato superato lo squilibrio patrimoniale – e, quindi, la situazione di rischio per i creditori sociali che ne discende e che la norma pone a fondamento della regola di postergazione – il credito del socio ritorna ordinariamente esigibile, sebbene non fossero stati a quel momento adempiuti tutti gli altri debiti sociali, potendosi allora ritenere realizzata una situazione di soddisfazione, sia pure astratta, dei creditori esterni e dunque esistente uno status di regolare esigibilità”.

In merito al punto (iii), “per quanto attiene alla dedotta ricapitalizzazione, non risulta invece dalla motivazione della sentenza impugnata che la deliberazione di abbattimento e ricostituzione del capitale sociale sia stata esaminata dalla corte del merito nei suoi contenuti (…) al fine di verificare se la temporanea inesigibilità del finanziamento, concesso in presenza delle condizioni ex art. 2467 c.c., come accertato dal giudice, permanesse invariata o se, invece, fossero venute meno le condizioni della postergazione”.


[1] Cass. Civile, 15 maggio 2019, n.12994

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