I passi La normativa europea riguardante gli obiettivi ambientali, sociali e di governance (cd. “ESG”, abbreviazione di Environmental, social and corporate governance) applicabili alle imprese risale in particolare agli ultimi dieci anni e si è sviluppata soprattutto a partire dal 2015, in seguito alla firma e ratifica da parte dell’Unione Europea dell’Accordo di Parigi[1]. La Commissione sottolinea la necessità di una tassonomia unificata a livello europeo per la definizione di “sostenibilità” e la creazione di marchi dell’UE per prodotti finanziari sostenibili. 2 - Comunicazione della Commissione Europea dell’11 dicembre 2019, denominata “Green Deal Europeo”. 3 - Regolamento UE 2019/2088 relativo all’informativa sulla sostenibilità nel settore dei servizi finanziari. 4 - Regolamento UE 2020/852 relativo all’istituzione di un quadro che favorisce gli investimenti sostenibili. 5 - Regolamento UE 2019/2089 relativo agli indici di riferimento UE di transizione climatica, gli indici di riferimento UE allineati con l’accordo di Parigi e le comunicazioni relative alla sostenibilità per gli indici di riferimento. 6 - Direttiva (UE) 2022/2464 relativa alla rendicontazione societaria di sostenibilità.Il 5 gennaio 2023 è entrata in vigore la direttiva UE 2022/2464, nota come direttiva sulla rendicontazione societaria di sostenibilità (Corporate Sustainability Reporting Directive – CSRD). [1] L’Accordo di Parigi è stato firmato da 195 Stati e costituisce il primo accordo universale sul clima mondiale per adattare e rafforzare la resilienza ai cambiamenti climatici e per contenere il riscaldamento climatico entro il valore di 1,5 °C.
Si segnalano a seguire i provvedimenti dell’Unione Europea più significativi sul tema.
1 - Comunicazione della Commissione Europea dell’8 marzo 2018, denominata “Piano di azione per finanziare la crescita sostenibile”.
Tale documento si fonda sulla relazione finale di un gruppo di esperti nominati dalla Commissione Europea, e presenta le misure volte a realizzare gli obiettivi di promozione europea per una cd. “finanza sostenibile”, definita come l’investimento che presuppone una debita considerazione, nel processo decisionale, dei fattori ambientali e sociali.
Il piano di azione, nello specifico, mira a:
Tale documento rinnova i propositi della Comunicazione della Commissione del 2018 e costituisce la nuova strategia di crescita dell’Unione Europea.
La strategia proposta mira a rendere “carbon-neutral” l’UE entro il 2050, con il fine di proteggere, conservare e migliorare il capitale naturale e proteggere la salute e il benessere dei cittadini dai rischi di natura ambientale.
Il citato regolamento ha un ambito di applicazione soggettivo molto ampio, rivolgendosi a tutti i soggetti del mercato finanziario che forniscono alla clientela servizi di gestione e consulenza sugli investimenti ed introduce i concetti di “preferenza di sostenibilità”, di “fattori di sostenibilità”, e di “rischio di sostenibilità”.
Si segnala, in particolare, che la “preferenza di sostenibilità” entra a far parte della valutazione di adeguatezza dei prodotti offerti da parte degli intermediari ai clienti, che possono pertanto richiedere di integrare nel loro investimento prodotti con determinate caratteristiche di sostenibilità.
Inoltre, i soggetti del mercato finanziario sono chiamati ad istituire, applicare e mantenere politiche e procedure di gestione dei rischi, comprensivi del “rischio di sostenibilità”: ovvero degli eventi climatici e ambientali che, se verificati, potrebbero causare un significativo impatto negativo effettivo o potenziale sull’impresa e sui portafogli gestiti.
Il presente regolamento, che modifica il regolamento UE 2019/2088, introduce a livello europeo un criterio uniforme di sostenibilità, secondo il quale un’attività economica possa qualificarsi come “ecosostenibile”.
Tale provvedimento si applica:
Tale regolamento, che modifica il precedente regolamento UE 2016/1011, introduce due tipologie di indici climatici applicabili al mercato azionario e obbligazionario: i) gli indici di riferimento UE di transizione climatica (Climate Transition Benchmark) e ii) gli indici di riferimento UE allineati con l’Accordo di Parigi (Paris-aligned Benchmark).
Gli indici di riferimento UE di transizione climatica devono essere costituiti selezionando i titoli in base agli obiettivi di riduzione delle emissioni degli emittenti, in modo tale che i portafogli si collochino in una traiettoria di decarbonizzazione, rispettando i requisiti di cui al regolamento.
Gli indici di riferimento UE allineati all’Accordo di Parigi, invece, devono essere costruiti scegliendo le attività sottostanti che rispettino le emissioni allineate agli obiettivi dell’Accordo di Parigi, ovvero compatibili con uno scenario di aumento della temperatura media globale non superiore a 1,5°C.
Tale direttiva rappresenta lo strumento più ambizioso finora adottato a livello comunitario per perseguire obiettivi ESG. Essa integra e modifica il regolamento (UE) n. 537/2014, la direttiva 2004/109/CE, la direttiva 2006/43/CE e la direttiva 2013/34/UE, estendendo gli obblighi di rendicontazione di sostenibilità già previsti per le società quotate (di interesse pubblico) di grandi dimensioni, anche alle imprese di grandi dimensioni e le piccole e medie imprese, ad eccezione delle microimprese, che sono enti di interesse pubblico, come definite ai sensi del nuovo articolo 19-bis.
Inoltre, tali obblighi di rendicontazione saranno integrati con ulteriori criteri stabiliti dalla Commissione tramite specifici atti delegati i) entro il 30 giugno 2023 per le società partecipanti ai mercati finanziari, ed ii) entro il 30 giugno 2024 per le altre società non quotate interessate dalla direttiva.
La direttiva introduce infine il concetto di “catena del valore”. Le imprese soggette alla stessa saranno tenute a comunicare non solo le proprie informazioni riguardanti fattori ambientali (es. emissioni, sfruttamento delle risorse, tutela della biodiversità), sociali (es. parità di trattamento dei lavoratori, rispetto dei diritti umani) e di governance (es. etica aziendale, obiettivi ESG dell’impresa e competenza degli amministratori), ma anche la compliance ai fattori ESG delle imprese con cui intrattengono rapporti commerciali.
Tutte le informazioni richieste dovranno essere esposte in modo chiaro dai competenti organi amministrativi delle società nella relazione sulla gestione.
La direttiva sarà applicabile alle imprese interessate secondo un regime transitorio articolato in quattro fasi: